Luca M.

Luca M. Luca Moretto
JESOLO (VE)

Iscritto dal
09/04/2011
Categoria: Pittori

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Data di nascita: 01/07/1976
Residenza: JESOLO - VE

BIOGRAFIA:
VITA. ALL'ARTE CON DOLORE. Luca Moretto nasce a Jesolo (VE) nel 1976. Intelletto inquieto e personalità centrata sulla sensazione, frequenta, appena adolescente, l’Istituto Statale d’Arte I.S.A. di Venezia. Subito si appassiona al lavoro in laboratorio di oreficeria, ma il pensiero verbale che domina il sistema formativo lo annoia e lo frustra e presto abbandona la scuola. La consapevolezza di essere un abile inventore di oggetti, però, ha aperto una breccia di luce nuova e, nonostante svolga lavori lontani dall’arte, comincia a lavorare diversi materiali creando oggetti di uso quotidiano o pure invenzioni estetiche. Disegna, e realizza con l’aiuto della madre, un golf in cotone, in cui si profila il tema della campitura cromatica che sarà presente in molte opere. Ristruttura la sua camera da letto, eseguendo mosaici con cocci di piastrelle, con un gusto simile ad un Gaudì per lui ancora sconosciuto. Decora una “VESPA 50” secondo canoni di una personalissima Pop Art. Segue un corso di arredamento e decorazione d’interni. Poi, a ventitre anni, nel 1999, un incidente stradale cambia la sua architettura esistenziale: una ferita malcurata, una discesa vertiginosa negli abissi del dolore fisico, un calvario di sale operatorie e morfina fino alla perdita di una parte del proprio corpo, sono la sua dolente iniziazione. La paura e il dolore sono grandi ispiratori d’arte, perché mettono in contatto l’essere con dimensioni sconosciute e affascinanti. Luca M. ne sente il richiamo irresistibile. Un anno dopo, per fare dei regali a degli amici che gli erano stati vicini in ospedale e fuori, decora piccole anfore, disegna un nuovo pullover e dipinge una serie di piatti in terracotta e poi, nel 2005, si iscrive ad un corso di pittura per acquisire una maggiore padronanza di quelle tecniche che il suo intuito ha già fatto sue. E quella morte sfiorata, fa nascere in lui un nuovo io che si rivela artista.
Grazia Sferrazza


IL MIO FARE ARTE. La prima sera: tre tele appena acquistate e sballate dal cellophane. Mentre le guardo, penso a cosa mettere giù, ma in quel momento l’occhio plana sulle cartucce di “silicone” che ho nella mia stanza perché devo ultimare delle rifiniture che completano l’arredamento su misura che ho appena montato… Il silicone, in questi casi, serve a nascondere gli spazi millimetrici che possono rimanere quando si effettuano gli adattamenti speciali di montaggio. È stato un baleno: ho preso una cartuccia e mi sono messo a fare delle tracce, senza nemmeno prima farle a matita! Sono partito e basta! Al tatto, il silicone appare morbido, resistente, tiepido. Una sensazione piacevole che si aggiunge a quella visiva. La tela acquista, con discrezione, un piano tridimensionale dove le linee di silicone creano giochi d’ombra e chiedono insistentemente di essere toccate, quasi fossero un codice estraneo alla vista! Sapevo che questa sensazione così corporea del tratto avrebbe calamitato tutti. Era come fossi comandato a realizzare arte allo scopo di trasmettere sensazioni. Il silicone è un materiale molto forte, resistente e anche se viene toccato mille volte non si rovina, come il corpo umano. E come questo è piacevole, affascinante, quasi sorprendente ad ogni carezza. Dopo aver iniziato con il silicone nero, mi sono messo alla minuziosa e particolare ricerca di altri tipi di silicone, ora lo trovo in diversi colori e riesco anche a creare sfumature in un’unica traccia. Lavorare con olio, acrilico e silicone è eccitante. L’atto creativo è come una febbre d’amore dove le sensazioni esplodono fragorosamente e mi coinvolgono tanto da annullare lo spazio tempo usuale. Il dolore, che non mi abbandona mai facilmente, in questi momenti resta in sospeso, come in un’apnea pericolosa che manda segnali che trasformo subito in colori, campi, confini di silicone.
ALTRI MATERIALI: Da sempre sono innamorato del “carbonio”. Leggerezza, resistenza, flessibilità, ma soprattutto la sua bellezza mi incantano. Mi abbandono allo stupore ogni volta, nel vedere i suoi riflessi, le sue maglie intrecciate, la sua conformazione perfetta! E nonostante lo abbia visto milioni di volte, lo abbia toccato e ne abbia sempre un pezzo sotto mano (per due anni ho girato con della fibra di carbonio nel baule dell’auto, solo per averlo e vederlo ogni tanto) e lo usi anche sui quadri oggi, questo incanto non finisce mai.
Luca Moretto

 

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